Storia della casa

1250-1571
Gli UMILIATI: i fondatori

La presenza degli Umiliati in Lombardia risale alla seconda metà del XII secolo.
Sorsero come movimento evangelico di perfetta vita cristiana tra i lavoratori della lana nei sobborghi delle città lombarde.
Si univano in associazione a scopo religioso e sociale: si assistevano nel lavoro; "s’umiliavano per Iddio" adottando vesti grezze contro il lusso delle stoffe fini e colorate; si astenevano dalle frodi dilaganti nell’industria e nel commercio.
Dai loro opifici ben organizzati venivano immessi sul mercato i "panni umiliati", un mezzalano forte e resistente. I profitti del lavoro erano impiegati in opere di assistenza sociale, soprattutto ospedali e lebbrosari. Inizialmente si trattava di uomini e donne, anche sposati, che vivevano in famiglia e costituivano una specie di Terz’Ordine; successivamente passarono alla vita monastica laicale ed operaia di frati e suore, viventi in case contigue: ebbe origine, così, il Second’Ordine.
Emettevano voti di castità e di obbedienza; non rinunciavano, invece, alla proprietà.
Nel 1246, con approvazione del Papa Innocenzo IV, si avviò la formazione del Prim’Ordine costituito da elementi clericali che aderirono al movimento ed anche da monache consacratesi solennemente alla vita religiosa corale.
Nella prima metà del Trecento la loro attività di tessitori di lana entrò in crisi: decisero, allora, di investire tutto in fondi con redditi più sicuri.
Ma la ricchezza fondiaria e le rendite, la cessazione del lavoro manuale, il trasformarsi delle cariche e relativi profitti in benefici personali, unitamente alle cause esterne comuni alla decadenza degli Ordini religiosi, minarono la vita dei conventi umiliati, che si spopolarono di religiosi.
L’opera di riforma di S. Carlo, protettore dell’Ordine, incontrò forti opposizioni da parte dei "prevosti", alcuni dei quali organizzarono l’attentato alla sua vita del 1569.
Allora il Papa Pio V intervenne d’autorità ed il 7 Agosto 1571 soppresse l’Ordine: contava ormai soltanto 94 prepositure con soli 170 religiosi.
Si spegneva, così, un Ordine religioso che nell’arco di quattro secoli aveva segnato della sua presenza la terra di Lombardia.
A Monza, in particolare, si era fortemente sviluppato: basti pensare che all’atto della soppressione esistevano ben 11 case di frati umiliati e 5 case di suore umiliate.
Fra queste spiccava la Casa dei ss. Filippo e Giacomo di Ripalta.

La Casa dei ss. Filippo e Giacomo

La prima notizia dell’esistenza di questa Casa è riportata dallo storico G. Giulini, allorché parla di Bertramo primo Ministro generale dell’Ordine degli Umiliati, a cui si deve la pubblicazione delle prime Costituzioni.
Nel capitolo IV, dove enumera tutte le case e canoniche del Prim’Ordine degli Umiliati esistenti nel 1257, certifica in Monza la presenza di due case: quella dei ss. Filippo e Giacomo con otto chierici e quella di s. Pietro con dodici.
Difatti, già in precedenza, e precisamente il 2 Dicembre 1250, l’Arciprete Arderico aveva permesso l’erezione di un oratorio a Dio, alla Vergine ed ai ss. Filippo e Giacomo, protettori dei tessitori della lana. Successivamente, poi, nel catalogo delle Case umiliate in Monza del 1288 la suddetta Casa è ricordata come "prepositura" (sede di un prevosto, sacerdote, che sovraintendeva ad altre case religiose del Second’Ordine e del Terz’Ordine); mentre nella cronaca dell’Ordine del 1298 appare citata col titolo De Ripalta.
Sorgeva, infatti, nella contrada di Ripalta (o Rivolta), così denominata per la sua posizione più elevata rispetto alle altre località monzesi.
Nel 1344 ospitava ben 12 frati e sette suore, risultando la prima per numero di componenti fra le Case monzesi.
Nello stesso anno accoglieva il Capitolo Generale dell’Ordine degli Umiliati: segno evidente della sua importanza e della capacità di accoglienza.
Una copia delle Costituzioni emanate in quell’occasione, datata il 21 Aprile del 1344, è conservata nell’Archivio Arcivescovile di Milano.
A quel periodo è possibile far risalire la trasformazione del primitivo oratorio in chiesa munita di campanile.
La prima menzione della chiesa è in un rnemoriale membranaceo del 1376 che, nel suo curioso volgare, afferma:
"MCCCLXXVI a di XV de lo mese di Agosto, in lo dì dela festa de Sancta Martha Virgine, da la dicta scola si fue metudo certe reliquie... per li venerabili Domini... (fra cui) et Fra Zovane (= Giovanni) da Valle, Prevosto de la Giesa (= chiesa) de Rivolta da Monza".
Nel 1436 è citata come ultima delle Case monzesi, rappresentata al Capitolo Generale di Mantova dal "Praepositur, Sancti Nicolai De Ripalta de Modoetia". Il fatto che venga denominata "domus sancti Nicolai", anziché "domus sanctorum Philippi et Jacobi", non trova chiara spiegazione: lo storico Frisi lo dedurrebbe dalla cessione in commenda al canonico Niccolò Caccia da Castiglione della prepositura umiliata, per cui a titolo di omaggio verso il titolare della commenda sarebbe anche citata col titolo di S. Niccolò.
E’ certo, comunque, che la "domus de Ripalta" viene ceduta in commenda dagli Umiliati alla nobile famiglia dei Caccia da Castiglione, probabilmente per ricompensare i numerosi benefici ricevuti.
Nel 1576 alla morte del canonico Fulco Caccia da Castiglione, papa Gregorio XIII trasferì la prepositura al Collegio Elvetico in Milano.
Il card. Borromeo, nel 1579, introdusse nella Casa di Monza una Compagnia di Vergini sotto il patrocinio di s. Orsola; tale scelta fu poi confermata nei successivi acquisti con autorità apostolica il 6 di Agosto del 1593 da Gaspare Visconti, arcivescovo di Milano.

1579-1810
Le Orsoline: presenza educativa

Vennero così chiamate le appartenenti alla Compagnia di s. Orsola, fondate da Angela Merici nel 1535 a Brescia.
La loro opera apostolica era volta specialmente alla protezione ed alla educazione delle giovani in difficoltà morali o familiari. Successivamente si dedicarono alla catechesi domenicale ed al servizio dei poveri negli ospedali.
Non emettevano voti pubblici. Erano fondate dai Vescovi, alla cui autorità erano soggette.
Vivevano inizialmente tutte in famiglia. Col passar del tempo, fra le tante giovani alcune manifestavano il desiderio di consacrare la loro verginità a Cristo.
Si venne quindi affermando il bisogno di vivere in comunità, specialmente se le giovani educande erano orfane.
Anche S. Carlo, nel 1556, giudicando preziosa la loro collaborazione, le fondò in Milano; non solo, nel 1576, nella sua qualità di metropolita impose ai Vescovi della sua provincia metropolitana l’obbligo della fondazione nelle rispettive diocesi.
Se inizialmente vivevano tutte in famiglia, si venne affermando col passar del tempo la consuetudine della vita comunitaria, con osservanza dei tre voti evangelici, con clausura analoga a quella dei monasteri, pur con la possibilità di uscire per diverse ragioni.
Le Orsoline che acquistarono la Casa dei ss. Filippo e Giacomo dovettero darsi questa fisionomia di istituto religioso, come si può dedurre da varie testimonianze reperibili nelle relazioni delle Visite Pastorali.
Attività specifica era l’educazione delle giovani che vivevano e frequentavano il loro Collegio, detto di S. Orsola.
La loro presenza e la loro attività educativa si potrasse per oltre due secoli.
Nell’ultima relazione dell’Arciprete di Monza al Podestà, datata il 6 Luglio 1810, troviamo scritto: "Esiste l’Unione delle cosiddette Orsoline religiose secolari domiciliate nel proprio Collegio, di numero 23 (16 corali, 7 converse), con convitto per educazione di civili fanciulle in numero di 60". È questa la situazione del Collegio a distanza di poco più di due mesi dall’Editto di Compiègne del 25 Aprile 1810 che decretava la soppressione di tutti gli Ordini e congregazioni religiose: i beni dovevano passare al demanio e devoluti al Monte Napoleone.
Manca la data precisa della soppressione del Collegio, ma dovette cadere in quei giorni, dato che il decreto stabiliva la soppressione entro due mesi.

La chiesa dei ss. Filippo e Giacomo, o di S. Orsola

Già abbiamo detto come gli inizi della chiesa umiliata di Ripalta si debbano far risalire al 1250, e cioè all’autorizzazione agli Umiliati da parte dell’arciprete Arderico di erigere un oratorio ai santi apostoli protettori dell’Ordine.
Nulla sappiamo delle dimensioni di quella primitiva costruzione. La presenza, in seguito, di una prepositura del Prim’Ordine con chierici e religiosi, fa supporre opere di ampliamento, coronate attorno al 1344 dalla costruzione anche di una torre con doppio binario di campane.
Gli elementi struttivi ed architettonici (mattoni, archetti, peducci ecc.) tuttora visibili al di là dei successivi interventi, ne testimoniano la ascendenza a quel periodo.
Certamente fu il periodo di maggior splendore, durato presumibilmente per tutto il secolo XIV; poi, con il decadere dell’Ordine umiliato, anche l’edificio sacro subì un lento ma continuo deperimento.
La data che segna la crisi della prepositura dei ss. Filippo e Giacomo va individuata nel 1512, anno in cui gli Umiliati, pur mantenendone la proprietà, cedettero tutto lo stabile in commenda al canonico Niccolò Caccia da Castiglione.
L’amministrazione di tale complesso umiliato da parte della nobile famiglia dei Caccia da Castiglione, durata fino al 1576, ed il successivo trasferimento dell’intera proprietà al Collegio Elvetico segnarono senz’altro un periodo di ulteriore abbandono e deterioramento.
Difatti, secondo quanto descrive uno storico del Settecento, il Campini, le Orsoline, già dal primo anno del definitivo acquisto, diedero inizio alle opere di ristrutturazione della chiesa.
L’autore, dopo aver rilevato che della chiesa umiliata restava ormai solo la torre campanaria, accenna con entusiasmo al fatto che dalle suore "furono fatte migliorie, ampliato il recinto, ed erette nuove fabbriche (edifici)"... "e perché (la chiesa) si trovava in pessimo stato e rovinosa, fu nel trascorso secolo ridotta alla presente vaghezza, alzata di parecchie braccia la volta, con due cappelle verso l’Evangelo, oltre a quella maggiore, tutte con ancone e balaustre di marmo". Sempre seguendo la descrizione del Campini, veniamo a sapere che il quadro dell’altare maggiore fu dipinto da un allievo dei Campi Cremonesi; quello sul primo altare laterale, riproducente la Sacra Famiglia, era opera di Pietro Maggi; mentre sull’altro altare era collocata entro una nicchia in vetro una statua indorata della Madonna.
Sopra la porta centrale, nel 1769, venne realizzata la cantoria con organo.
Anche l’imponente facciata, abbellita dapprima da Castelli il Vecchio, era andata in rovina; venne restaurata dal Gariboldi che, sotto il finestrone, dipinse in colore di marmo bianco l’immagine dell’Immacolata ed ai lati della porta i santi Filippo e Giacomo. Un’ultima notizia ricaviamo dalla descrizione del Campini: le feste principali che vi si celebravano erano quella dei titolari ss. Filippo e Giacomo, quella di S. Orsola e quella del nome di Maria.
I grandi benefattori che patrocinarono la ricostruzione della chiesa, come pure del Collegio, furono due: il notaio Francesco Michele Dagano (+ 1670) e l’Abate Giambattista Curione (+ 1725) come era testimoniato dalle lapidi sepolcrali collocate l’una sul lato destro e l’altra al centro del pavimento della chiesa. All’abate Curione, in particolare, è legata la nuova costruzione del Collegio, che doveva a grandi linee corrispondere alla planimetria catastale del 1813, di cui resta una copia.

1813-1904
I MASCIAGA

La storia del Collegio di S. Orsola, dopo l’iniqua soppressione operata da Napoleone, continua con un nuovo proprietario: il nobile Luigi Masciaga.
Nobile quanto sconosciuto ai fini della nostra ricerca storica.
Acquistato l’edificio ed il terreno adiacente con il rogito del 18 ottobre 1813, dovette intervenire in modo piuttosto radicale, per trasformare l’antica fisionomia di convento religioso in quello di villa nobiliare. Testimonianze orali, in verità poche, attestano la presenza nel recinto della villa di statue del Canova. A parte questo accenno, la struttura che andò sostanzialmente modificata fu senz’altro la chiesa. La navata venne in gran parte divisa da un piano intermedio, onde creare ambienti ad uso familiare e domestico. Dopo l’ingresso dalla porta centrale, invece, fu costruito un solenne scalone a due rampe, illuminato da un’ampia vetrata a colori. La ringhiera in ferro battuta fu opera di un artigiano monzese di grande levatura artistica.
Gli ambienti adiacenti allo scalone (atrio, salotti ecc.), come pure la decorazione delle pareti e del soffitto, furono creati ispirandosi al gusto neociassico, senza manomettere sostanzialmente le strutture murarie preesistenti.
Sono state, infatti, rispettate le velette gotiche che unicamente ai possenti archi a tutto sesto formano il soffitto della chiesa.
Altri interventi di rilievo dovettero riguardare l’ala est dell’edificio, dove venne ricavata una grande sala con parquet, con soffitto affrescato da motivi geometrici e naturalistici, come è emerso nel corso degli ultimi restauri del 1987.

1904-1946
I CAMBIAGHI

Il 24 settembre 1904 la proprietà della villa Masciaga, con annesso parco, veniva acquistata da Giuseppe Cambiaghi.
Partendo da modeste attività nella lavorazione del cappello, si era venuto affermando con la propria intelligenza, volontà e tenacia come titolare di un’autonoma industria del cappello, una delle prime in Italia già sul finire dell’Ottocento.
Si distinse come uomo di esemplare bontà e generosità, oltre che di spiccato senso degli affari; alla sua scomparsa la città di Monza, largamente da lui beneficata, gli riservò solenni e commosse esequie.
Gli successe il figlio Samuele, continuatore delle tradizioni paterne; per le sue benemerenze, specialmente nel campo della beneficienza religiosa e sociale, fu decorato dal papa Pio XI del titolo di Conte, titolo che fu autorizzato ad usare nel Regno con decreto del 1931.
Aveva sposato Clelia Pozzi, donna di profondi sentimenti religiosi, da cui ebbe cinque figli: Pierangela, Giovanna, Giuseppe, Maria Luisa, Pier Clelio.
Ora, quali siano gli interventi operati dai Cambiaghi sulla villa a partire dal 1905, non è facile dirlo. Certamente, da quanto è testimoniato dai figli ancora viventi, gran parte delle modifiche o dei restauri vennero realizzati dopo la morte del nonno (27 novembre 1925).
Per circa sette anni il conte Samuele lavorò con spiccato gusto artistico a dare un volto nuovo alla villa, sì da trasformarla in una delle più graziose di Monza e dintorni.
Dapprima venne creata la cappella di famiglia: opera pregevole per l’armoniosa simmetria dei volumi architettonici, per gli interventi pittorici e decorativi, per l’atmosfera di profonda religiosità.
Sull’altar maggiore domina tuttora un’ancona raffigurante la Madonna col Bambino tra i ss. Filippo e Giacomo. Commissionata dal conte ad un pittore di scuola toscana, venne solennemente collocata, nel 1931, in luogo di un pregevole trittico, che trovò la sua posizione al centro dell’affresco che si distende sulla parete opposta.
Tale affresco, opera di un pittore della scuola "Beato Angelico" di Milano, spicca per la vivacità dei colori e la composizione simmetrica e stilizzata delle figure. Il trittico sopra citato è stato purtroppo venduto qualche anno dopo.
Il soffitto, ricavato da due campate della precedente chiesa del Seicento, risulta alleggerito da costoloni che corrono a delimitare le velette delle singole campate, conferendo al tutto maggior slancio e dinamismo.
Anche la torre, negli anni 1926-1927, ebbe il tetto completamente rifatto; il vano dei precedenti finestroni venne scandito da trifore che snelliscono l’intera struttura.
Proseguendo nell’elenco degli interventi più significativi operati dal conte Samuele, sono da ricordare i due scaloni: al primo già esistente vennero sostituiti i gradini di pietra con quelli di marmo; il secondo, invece, venne costruito in sostituzione di una precedente scala di servizio.
In quest’ultimo si può ammirare una ringhiera in ferro battuto di notevole fattura artistica, opera di un artigiano di Milano, il Rizzardi; le pareti sono decorate da ovali con putti dipinti ad olio, mentre le volte sono affrescate con soggetti eseguiti da quel Massimiliano Gallelli, che può essere definito il pittore di villa Cambiaghi, avendo affrescato anche la Sala delle Feste, vero gioiello artistico per l’eleganza e la ricchezza degli elementi che la compongono.
La sua capienza venne potenziata dall’aggiunta di nuovi volumi, sapientemente integrati ai preesistenti grazie a due colonne di onice che, oltre alla funzione portante, svolgono quella simultanea di scandire e saldare il tutto in un unico discorso architettonico. Come appare chiaramente dalla foto del tempo, vi si possono ammirare le preziose e luminose specchiere, le eleganti appliques, il soffitto affrescato con motivi neoclassicheggianti e naturalistici, gli ovali da cui sorridono putti realizzati con vivace impasto di colori, il parquet completamente rifatto e decorato a motivi geometrici e prezioso per la varietà del legno utilizzato.
Due ambienti meritano particolare menzione: la biblioteca ed il bagno.
La biblioteca, tutta in legno, è di una preziosità e di un’eleganza unica: testimonianza di un lavoro artigianale tanto paziente e qualificato da suscitare l’ammirazione di quanti la vengono a vedere.
Medesimo discorso va fatto per il bagno, collocato al piano superiore, che risplende per i numerosi specchi, per i vetri in alabastro, per le rubinetterie in bronzo dorato, per i marmi pregiati con cui sono ricavati il pavimento e l’ampia vasca da bagno.
Abbiamo, così, accennato agli interventi di maggior rilievo apportati dal conte Samuele alla sua villa; ma è tutto l’insieme del complesso architettonico e dell’adiacente parco che in quegli anni di fervore innovativo acquistò il volto di una villa nobiliare fra le più belle della città.
Purtroppo l’arrivo della seconda guerra mondiale e la conseguente crisi dell’industria del cappello aprirono un periodo difficile per la famiglia Cambiaghi. Nel 1940 moriva il conte Samuele. Nel 1942, in seguito all’occupazione della villa da parte del Comando tedesco, i Cambiaghi si ritirarono nella villa di Moltrasio sul lago di Como.
Furono anni di abbandono e di degrado.
Nel 1946 la contessa Clelia decise la vendita della proprietà a condizioni molto favorevoli, ai Sacerdoti del S. Cuore (Dehoniani).
E così, per merito della fede e della generosità della contessa Cambiaghi, da casa nobiliare ritornò ad essere dimora di religiosi, come lo era stata dalle origini con gli Umiliati e poi, fino al 1810, con le Orsoline.

1946 - oggi
La presenza dei DEHONIANI

1946: La provincia italiana della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore acquista dalla famiglia Cambiaghi la villa di Via Appiani in Monza: vuole finalmente stabilire una sede definitiva per il corso liceale e filosofico.
1948: Dopo adattamenti ed aggiunte necessarie, vi si stabilisce la comunità religiosa per i giovani professi in formazione e aspiranti al sacerdozio per gli anni di liceo classico e del corso filosofico.
1969: Viene staccato il corso di filosofia che si preferisce unire alla teologia dello Studentato di Bologna.
25 maggio 1969: La scuola interna diventa legalmente riconosciuta con il titolo di "Liceo Classico Leone Dehon".
1970-1973: La scuola del Liceo classico viene aperta anche a giovani aspiranti alla vita religiosa di altre congregazioni (Saveriani, Betarramiti, Bamabiti ...) e a studenti esterni della zona.
1974-1975: Nella scuola si apre anche il ginnasio per avere classi più unite, omogenee e amalgamate per il liceo.
1976-1977: Si pensa e si decide per la presenza in comunità di una rivista di catechesi, legata al Centro Dehoniano: Evangelizzare.
La nuova équipe redazionale, centro anche di animazione catechistica, vuole riconfermare e accentuare la sensibilità e la centralità della formazione giovanile della comunità in un ambiente vivace e da vivacizzare: interazione tra seminano, vita religiosa, maturazione cristiana e... vocazione.
Negli stessi anni la casa si apre, almeno come spazio di accoglienza, a diversi gruppi o esperienze religiose: Laici dehoniani, Proposta cristiana, disabili, ecc.
1979/1980: Si apre una sezione femminile del liceo classico in Via Carlo Alberto che si trasferisce nell’anno scolastico 1981/1982 negli ambienti di Via Longhi, opportunamente ristrutturati.1989/1990: Le due sezioni del Liceo Classico si fondono in unico liceo misto, mentre i locali di Via Longhi sono occupati dalla redazione della rivista "Evangelizzare".
1993/1994: Conclude gli studi l'ultimo allievo del Seminario.
La comunità si evolve in comunità di accoglienza.
Il centro catechistico di "Evangelizzare" continua la sua attività infittendo la rete di animazione catechistica.
La scuola svolge la sua funzione di scuola cattolica.
2002: Avvio dell'indirizzo scolastico Liceo Sociopsicopedagogico, divenuto in seguito Liceo delle Scienze Umane.
2012: Avvio dell'indirizzo scolastico Istituto Professionale per i Servizi Socio Sanitari.
2012/2013: La rivista "Evangelizzare" viene ceduta alla casa editrice Elledici.
2016: La scuola "Istituto Leone Dehon" viene data in gestione al "Atena Impresa Sociale", nella forma di affitto di ramo d'azienda. La comunità collabora nelle modalità concordate.

Bibliografia:

BERETTA R. - Gli Umiliati del Terz’Ordine a Monza, dalle origini all’inizio del XX secolo, Tesi di laurea, Milano 1984.

CAMPINI M. - Notizie delle chiese di Monza e sua campagna, ms 1767 dell’Archivio della Basilica di s. Giov. Batt., Monza.

FRISI A.F. - Le memorie storiche di Monza e sua corte, Milano 1794.

GIULINI G. - Memorie spettanti alla storia, al governo, alla descrizione della città e campagna di Milano nei secoli bassi, Milano 1954/57.

MARIMONTI G. - Memorie storiche della città di Monza, Monza 1841.

SPRETI V. - Enciclopedia storico nobiliare italiana, Milano 1935.

TIRABOSCHI G. - Vetera Humilicitorum monumenta, Milano 1766-68.